Esiste un mondo così adiacente e simile al nostro, che in alcuni istanti o saltuari giorni,
a causa di orbite intrecciate o complicati percorsi, di stati d'animo dolente e malanni di vita,
si avvicina al nostro presente così tanto da sfiorarlo e sovrapporsi.

Al passaggio in certi orari e luoghi si mostrano i segni di questa interferenza:
una penombra improvvisa che vela un cammino altrimenti limpido;
una brevissima sosta che si prolunga a dismisura nella percezione di chi attende;
una lampadina che sfrigolando si spegne con uno schiocco;
la scarica che a crescente fatica saetta nel tubo del neon;
la parete che da umida s'impregna e gronda d'acqua.

Queste sono le pagine sparse di chi ha colto i segni del suo transito.
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mercoledì 21 gennaio 2009

il viaggio sbagliato

Poco dopo Natale ho soggiornato quattro giorni su Terradue: al “Via” segnato dalle cifre rosse che la sveglia digitale dipingeva sul soffitto bianco sopra il mio letto, mettevo il grosso zaino in spalla e inserivo una foto (o un tracciato, il percorso da fare o qualcos’altro) ma subito mi accorgevo che la foto era rovesciata, il percorso ribaltato, insomma il viaggio iniziava non solo imperfetto, ma destinato a portarmi quanto più lontano dall’obiettivo si poteva immaginare: una rovina simmetrica e ineluttabile. Ciononostante andare avanti era ancora la cosa più sensata da fare. Così, quando riaprivo gli occhi e le cifre rosse mi indicavano che erano trascorsi una ventina di minuti, ricominciavo il viaggio, ma la grafica della situazione era cambiata; il pulsante che dovevo premere per lo start, la cornice in cui inserire la foto o il tracciato erano diversi, minimal o country, a colori fluorescenti o gothic. Il fatto che il decor dell’ambiente fosse mutevole e che certi ambienti mi fossero più congeniali di altri non cambiava niente, cioè l’ineluttabile errore rimaneva tale, solo vi era un attimo di conforto, una pezzuola fresca sulla fronte, la speranza che forse, anche a tracciato ribaltato, si poteva arrivare da qualche parte.

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